Distruggere delle regole stilistiche senza rinnegare le arti, le tecniche. Questo è Joe Nephis, brand italiano di scarpe oggi anche unisex, che usa l’artigianalità nostrana per realizzare modelli che vanno oltre la bellezza estetica. Un dualismo tra ciò che è soggettivamente creativo e ciò che è invece necessario per ottenere un prodotto di qualità: il made in Italy. A ribadirlo è Angelo Malaisi direttore creativo del brand.
Angelo, perché hai deciso di fondare il tuo brand di scarpe unisex con il nome Joe Nephis?
Il brand nasce inizialmente con modelli rivolti all’uomo. Con il passare delle stagioni ha avuto un’evoluzione verso ciò che è ora: inizialmente introducendo pezzi adatti alla donna, per arrivare a oggi a produrre una collezione molto più strutturata in cui troviamo il “core” (nucleo uomo e donna, ndr) in cui la modelleria è “genderless” e poi una parte esclusivamente dedicata all’uomo e un’altra per la donna. Per quanto riguarda il nome del marchio, Joe Nephis, è l’anagramma di Josephine, marchio storico che la nostra azienda ha acquistato appena aperto, ma questa è tutta un’altra storia.
Come si può creare un prodotto desiderabile sia verso l’uomo che verso la donna quando crei una scarpa Joe Nephis?
Per me è abbastanza semplice. Nonostante io mi rivolga ad un pubblico abbastanza edgy, di ricerca la mia vita è tutta l’opposto: rifuggo spesso le occasioni mondane; la mia massima soddisfazione è passare le serate nei locali latinos a ballare la salsa. In questi luoghi mi guardo spesso intorno: l’ambiente è rimasto molto conservatore in fatto di moda e gusto. Le donne portano tutte tacchi a spillo con relativi strass mentre gli uomini tendono sempre a indossare il solito mocassino scamosciato. Ecco perché spesso mi porto dietro qualche prototipo o campione. A volte noto che si creano strane occhiatacce o addirittura un senso di disgusto. In questo caso sono felice perché so che allora quel prodotto avrà un grosso successo!
Qual è il tuo punto di vista sul made in Italy e quanto c’è di questo nelle tue collezioni?
Per me il made in Italy è tutto: un punto imprescindibile, qualcosa di irrinunciabile. L’intera produzione esce dalla mia azienda e dove non arrivo mi appoggio a terzisti della zona nel raggio di 15 chilometri. Quindi, se dovessi rispondere quanto di questo c’è nelle mie collezioni, ti direi un 100%.
Sei italiano ma hai vissuto a Londra per un po’. Quali sono le sfaccettature a livello di stile di questi due paesi, se vogliamo in antitesi tra loro?
A Londra ho trascorso un anno di studio, quando dopo aver conseguito la laurea in Economia ad Ancona, ho scelto di dare una svolta alle mie conoscenze, prendendo il diploma di Fashion Design alla Marangoni. Avevo già frequentato un corso in fashion Management in collaborazione tra un ente della mia zona e IED, e questo forse mi ha spinto verso Londra, la Marangoni e il fashion design. Credo che chi si appresta al mondo moda, debba avere una conoscenza a 360° sull’argomento, per poi focalizzarsi su un aspetto, che sia disegno, logistica, marketing o altro. Parlando di differenze, mi trovi in gran difficoltà su questa domanda per vari motivi in primis il mio periodo nella City è stato a contatto con gente internazionale tra cui nessun inglese. I miei stessi insegnanti alla Marangoni provenivano tutti da ambienti lavorativi del settore ma pochissimi di loro erano inglesi e ognuno col suo modo di fare, con il proprio “fashion taste”. Inoltre la domanda è un po’ ambigua! Parliamo di cosa portano gli italiani rispetto agli abitanti di Londra? Perché in questo caso ti risponderei: un italiano la mattina apre il suo armadio e fa una selezione accurata degli abbinamenti da indossare, mentre un inglese si spennella di colla, si butta nell’armadio e con quel che gli rimane appiccicato addosso esce di casa. Se la riflessione è invece su gli stilisti inglesi e quelli italiani posso dirti che l’Inghilterra, a mio avviso, è sempre stata un po’ la ribelle d’Europa (in campo moda) alla ricerca della trasgressione – vedi Vivienne Westwood e Galliano ad esempio – mentre l’Italia l’ho sempre vista come un paese molto più conservatore ma dall’immensa attenzione alla qualità, e a quei dettagli,che forse sfuggono un po’ di mano a chi rincorre sempre l’eccesso.
A che tipo di clienti si rivolgono le tue scarpe Joe Nephis?
Il cliente tipo di Joe Nephis, è anticonformista, che vede nella calzatura un’esperienza sia nell’atto d’acquisto sia nel portarla. Un cliente diciamo indipendente che vive con la moda un’esperienza altamente personale e non classificabile in uno specifico substrato sociale. Di base tutti potrebbero essere potenziali clienti Joe Nephis, ma per diventarlo bisogna accettare di rompere gli schemi dell’anticonformismo moda e non tutti sono disposti a farlo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Mi sto impegnando molto sul fronte della distribuzione. Per quanto sia fondamentale, il disegno è sempre la parte più facile di questa attività ma allo stesso tempo è fondamentale che vada avanti senza troppi intoppi. Per questo il mio obiettivo a breve termine è quello di potermi espandere in mercati al di fuori di quello europeo, come ad esempio gli USA.
ph courtesy: Joe Nephis
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