PIERO MARCO PIZZI TORNA SULLA SCENA. DA NOI RIBATTEZZATO “IL TIGRE” PER LA SUA GRINTA, MA ANCHE PER I TATUAGGI CHE ORGOGLIOSAMENTE PORTA SUL PETTO, PIERO CON NIPI HA SCRITTO UN PEZZO DI STORIA DELL’URBANWEAR ITALIANO, AIUTANDOLO IN QUELLA FASE DI TRANSIZIONE DAL CLASSICO STREETWEAR DEGLI ANNI 90, LEGATO ALL’ACTION-SPORT VERSO IL COSIDDETTO STREET-FASHION, QUANDO L’ATTENZIONE SI È SPOSTATA PIÙ SUL PRODOTTO E IL SUO DESIGN, PIUTTOSTO CHE AL LOGO URLATO SU FELPE E T-SHIRT.
QUANDO I NUOVI TREND DELLE METROPOLI EUROPEE HANNO INIZIATO A PROFUMARE LA STRADA DI FASHION CREANDO UNA CONTAMINAZIONE NUOVA, QUANDO WAIT AI SUOI ESORDI RACCONTAVA DELL’AFFERMAZIONE DEI JEANS SKINNY, DELLE NUOVE SNEAKERS CHE ARRIVAVANO DA LONDRA, LE SWEAR E DA PARIGI, LE SCHMOOVE, INDOSSATE DAI GIOVANI TREND-SETTER MILANESI AL POSTO DELLE VECCHIE SNEAKERS, IL DEUS-EX-MACHINA CHE CONTRIBUÌ A QUESTA ‘RIVOLUZIONE’ DEL COSTUME ITALIANO ERA PIERO.
DOPO IL SUO RUOLO IMPORTANTE NIPI È SPARITA, TRASCINATA A FONDO DA UN FALLIMENTO, CHE SI È PORTATO GIÙ ANCHE I SUOI PROGETTI, MA CHE NON PUÒ CANCELLARE IL SUO RUOLO STORICO CHE HA SEGNATO UN’EPOCA.
IL SUO FONDATORE, PIERO È SPARITO IN UNA SORTA DI BUCO NERO, DURATO OLTRE 5 ANNI.
LO ABBIAMO LASCIATO FISICAMENTE SEGNATO, TOTALMENTE (IN CHIARO) SOVRAPPESO, AI MARGINI DELLA MODA QUANDO, IMPROVVISAMENTE, UN GIORNO CI CHIAMA E LO RITROVIAMO IN PISTA, FISICAMENTE RINATO, CON L’ ENTUSIASMO DI UN BAMBINO E CON LA VOGLIA DI RIPARTIRE CON UN NUOVO PROGETTO. CI RACCONTA CHE VUOLE AFFIANCARSI, PER QUANTO RIGUARDA LA COMUNICAZIONE, A WAIT. COSÌ NOI NE ABBIAMO APPROFITTATO PER FARE UNA LUNGA INTERVISTA-CONFESSIONE.
CIAO PIERO! CHE FINE AVEVI FATTO?
Era nauseato dal mondo della moda. Dopo che Nipi è fallita per un insieme di 1000 ragioni, mi sono messo da parte. Nauseato da questo ambiente, che consideravo, e ancora in parte considero, totalmente inutile. Sono stato tentato più volte di passare ad altri settori, come quello della ristorazione o di tentare la strada del mio sogno giovanile: quello dell’attore.
Tuttavia non è possibile cancellare il primo amore e così alla fine sono rientrato nella moda.
VISTO CHE LA STORIA È LUNGA, PARTIAMO DAGLI INIZI.
Sono di Vigevano, una delle patrie storiche della calzatura. La mia famiglia è nel calzaturiero da 3 generazioni. E quindi ho iniziato sin da 20 anni a lavorare nell’azienda di mio padre, che si occupava della distribuzione di scarpe, ricoprendo all’inizio anche umili mansioni. Mi sono ritrovato poi a 30 anni, dopo il matrimonio, con la voglia di mettermi in gioco con qualcosa di mio, rivolgendomi a un tipo di clientela dal target più alto.
Così nel 2001 partecipai al mio primo Pitti con il brand Buddhahood, che riscosse un grandissimo successo e successivamente entro in moti dei negozi più importanti del mondo. Era l’anno del debutto di Ynformal, quando Evisu e Fake London erano i brand di riferimento.
BUDDHAHOOD? NON L’HO MAI SENTITO. ESISTE ANCORA?
No, poi è diventato B Store.
AH, B-STORE! PARLIAMO QUINDI DEL BRAND CHE FA PARTE GRUPPO CHE PRODUCE SWEAR?
Esatto. Ma il contatto è ancora più antico. Swear produceva scarpe platform che distribuiva mio padre. La storia parte da li.
MA QUESTA TUA RICERCA DI QUALCOSA DI DIVERSO È STATA UNA SCELTA DI MARKETING ELABORATA A TAVOLINO, OPPURE ERA PIÙ LEGATA A UN TUO DESIDERIO INTRINSECO?
E’ il risultato di una serie di fattori. Da una parte c’era il mondo della distribuzione all’ingrosso che stava scomparendo: i vecchi grossisiti sparivano. I brand iniziavano a rifornire direttamente il singolo negoziante. E così i grossisti, sono stati tagliati fuori dal mercato.
Da qui è nata la necessità di vendere direttamente ai negozi di target più alto, con prodotti anche in contro-tendenza, come per esempio le Chipie.
Chi alla fine degli anni 90 avrebbe scommesso su un loro ritorno? E invece proprio le boutique di fascia più alta hanno scommesso su questo prodotto, cheap eppure molto chic. Siamo partiti da zero e abbiamo raggiunto risultati straordinari.
POTREMMO NOMINARE TUTTA UNA SERIE DI BRAND DA TE GESTITI, CHE SONO ENTRATI A FAR PARTE DELLA STORIA DEL COSTUME DELLA MODA URBAN ITALIANA. PRODOTTI PRESENTI IN TUTTI I MIGLIORI NEGOZI, INDOSSATI DA UN PUBBLICO GIOVANE DEI COSIDDETTI ‘INFLUENCERS’. LE GENERAZIONI PIÙ ‘AVANTI’.
NON SI PUÒ NON RICORDARE COME IL RAGAZZINO PASSÒ IMPROVVISAMENTE DAL JEANS LARGO A UNO SKINNY CON LE SWEAR AI PIEDI. COME SEI RIUSCITO AD INDOVINARE QUESTI PRODOTTI?
Solo istinto e fiuto. Una sensazione a pelle. Non parliamo di una ricerca di mercato di tipo scientifico.
E a volte, come si suol dire, una dose di buon sano culo. Abbinato anche a stronzate madornali! Ti cito un esempio divertente. Ci contattò Desigual (sì, proprio Desigual) attorno 2004 e gli dicemmo di no. Poi Desigual è diventato quello che è diventato.
MI SCAPPEREBBE DA DIRE: “BELLA STRONZATA!”
CERTO CHE È FACILE IN EFFETTI, COL SENNO DI POI.
E’ facile sì, col senno di poi, specie nella moda.
MA LA DOMANDA È: SEI TU CHE COL TUO GRUPPO E LA STRATEGIA SEI RIUSCITO A IMPORRE QUESTI PRODOTTI, OPPURE CON IL TUO FIUTO HAI SELEZIONATO PRODOTTI CHE POI DA SOLI SAREBBERO STATI IN GRADO DI AFFERMARSI?
INSOMMA, AVEVI LA CAPACITÀ DI TRASFORMARE UN PRODOTTO IN MODA, OPPURE ERA L’ABILITÀ DI SELEZIONARE PRODOTTI CHE SI TRASFORMAVANO IN MODA PERCHÈ AVEVANO IN SÉ QUESTA FORZA?
Diciamo che inizialmente è stato un mix tra la forza del prodotto ma soprattutto la forza del nostro team e dell’entusiasmo che siamo stati capaci di trasmettere sul mercato e sui negozi.
Si tratta dell’energia che sono stato personalmente in grado di trasferire, anche solo con lo sguardo, ad agenti, buyer e collaboratori.
Successivamente, quando il gruppo è diventato più forte, è chiaro che si è generato un clima di fiducia nei confronti dei prodotti proposti dalla mia Azienda.
FACCIAMO UN ELENCO DEI BRAND CHE HAI LANCIATO SUL MERCATO.
Marvel, i pantaloni alla turca di Habit, parliamo di Chipie, George Gina & Lucy, Schmoove, Goorin, Alice San Diego, Swear, Dr Denim, Trunk, Junk Food, Henleys, gli occhiali Super.
SBAGLIO O HAI ANCHE PARTECIPATO AL LANCIO DI FARFETCH IN ITALIA?
Sì, sono stato io il primo referente italiano del progetto Far-fetch.com che oggi rappresenta una piattaforma e-commerce di livello premium che include le migliori boutique del mondo.
BEH, OGGI FAR-FETCH È SULLA BOCCA DI TUTTI E TUTTI VORREBBERO SALIRCI SOPRA! MI SENTO DI DIRE CHE È STATA UNA RIVOLUZIONE.
Io direi che Josè Neves, il suo fondatore, abbia avuto una delle idee più geniali che siano state viste negli ultimi 100 anni nella moda.
Appena Jose mi parlò del progetto, ho aderito immediatamente intuendone la portata rivoluzionara.
Gli inizi sono stati veramente difficili, proprio per la portata innovativa della cosa e per una certa lentezza di vedute di molti negozianti italiani. Oggi i risultato sono sotto gli occhi di tutti.
QUAL È IL BRAND CHE TI HA DATO MAGGIOR SODDISFAZIONE ECONOMICA E QUELLO CHE TI HA DATO MAGGIOR SODDISFAZIONE PERSONALE?
Economico: indiscutibilmente George Gina & Lucy.
Dal punto di vista emozionale, sicuramente Marvel con i primi stand al Pitti.
Ma il brand che mi ha dato veramente il “la” è stato Habit con i suoi pantaloni alla turca. Per i tempi veramente rivoluzionari. E tuttavia andati sold-out ovunque.
COS’È ANDATO STORTO ALLORA, A UN CERTO PUNTO ?
Non sono stato in grado di gestire il successo dal punto di vista finanziario.
La testa ha iniziato a viaggiare per suo conto, la situazione si è incrociata con problemi familiari che mi hanno anche portato alla separazione con mia moglie che era anche il mio braccio destro e ho iniziato a prendere una brutta piega dal punto di vista personale e avere deliri di onnipotenza che ti portano ad assumere persone con remunerazioni altissime, ad acquistare aziende senza controllare il budget, ad investimenti su infinite fiere. Ci aggiungiamo anche la mancata attenzione dovuta da parte dei consulenti.
Così quando le cose hanno iniziato ad andare male, le banche hanno iniziato a stringere i rubinetti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una brutta fregatura da un’azienda spagnola che non posso nominare per privacy e che ha portato ad ammainare bandiera bianca.
IMMAGINO QUINDI, DOPO IL TRACOLLO, UN PERIODO DI GRANDE SOFFERENZA PERSONALE.
No, direi di grande indifferenza, quando alla fine ci fu il tracollo. Perchè nel momento in cui l’azienda è iniziata ad andare molto male, io ho iniziato a recuperarmi come persona.
Pensavo di soffire di più. Invece la persona in quel momento era la cosa più importante da recuperare.
Quando la persona ha inziato il suo recupero, l’azienda non era ormai più recuperabile.
MI RISULTA PERÒ CHE PER UN CERTO PERIODO HAI CONTINUATO A LAVORARE NEL SETTORE.
Sì è vero. E’ stato un momento non bello. Abituato ad essere CEO della mia azienda, in quel contesto mi sentivo relegato in un angolo.
COSA POTRESTI CONSIGLIARE A CHI, COME TANTI IMPRENDITORI ITALIANI, HA VISSUTO GRAVI PERIODI DI DIFFICOLTÀ LAVORATIVE, UNA SITUAZIONE CHE POI INIZIA A TASCINARE, INEVITABILMENE, NEL BARATRO ANCHE LA TUA VITA PERSONALE?
Non è facile. Io consiglio innanzitutto di fare riferimento a tutte le buone conoscenze che si sono avute negli anni. Tirare le fila e vedere se si ritrova dentro di sé ancora la voglia e l’entusiasmo.
NEL MOMENTO IN CUI LA TUA AZIENDA È CROLLATA IMMAGINO SI SIANO VISTE LE PERSONE LEGATE VERAMENTE E QUELLE CHE ERANO VICINE SOLO PERCHÈ LE COSE ANDAVANO BENE.
Assolutamente sì. Ma bisognerebbe fare un lungo elenco di quelli che non si sono più fatte sentire, e quello, brevissimo, delle persone che sono state sempre vicine. Ma non si può farlo.
Chi c’è stato, lo sa.
Ora guarda caso, da quando è circolata la voce della nuova Spider Fashion, sento suonare nuove e vecchie campane…
DOPO AVAR PARLATO DEL RECUPERO MENTALE, PARLIAMO DI QUELLO FISICO. E’ EVIDENTE CHE HAI PERSO DECINE DI CHILI. UNA RINASCITA.
Più che rinascita, c’è stata una vera e proprio nascita.
Io non ho mai avuto una forma fisica del genere neanche a 18-20 anni, non ho mai praticato uno sport con l’intensità che ho oggi con la boxe, non ho mai avuto un regime alimentare ipo-calorico totalmente salutistico come adesso.
E QUAL È STATA LA SCINTILLA CHE HA FATTO SCATTARE TUTTO QUESTO?
Ottobre dell’anno scorso. C’è stata la fine di una storia che mi ha portato poi successivamente ad entrare in un periodo di grande serenità. Forse li è nata la scintilla e c’è stata la rottura col passato.
RACCONTACI DELLA TUA SETTIMANA SPORTIVA.
Mi sveglio verso le 6 del mattino. Appena alzato: 100 flessioni e 15 minuti di addominali, poi vado a correre almeno 4 volte per 8-10 km, e 4-5 volte faccio una o due ore di boxe.
COME MAI TI SVEGLI COSÌ PRESTO?
Ho sempre dormito pochissimo, percependo il sonno come tempo perso. Infatti da piccolo ero un incubo per mia madre.
E DOVE TROVI TUTTO QUESTO TEMPO?
Si trova.
E LE ENERGIE?
Dal punto di vista della muscolatura, non avendo fatto niente per oltre 10 anni, ho ancora una fisico totalmente integro.
Dal punto di vista della corsa, parliamo proprio di una ‘droga positiva’. Più corri e più hai voglia di correre.
PARLIAMO DELLA NUOVA SOCIETÀ. LA SPIDER FASHION. COME NASCE QUESTO PROGETTO?
E’ tornato un insieme di condizioni favorevoli. Sia la voglia, sia la forma fisica e mentale. E poi sicuramente la conoscenza di una serie di marchi storici, che stavano liberandosi dalle precedenti situazioni e sono tornati liberi di legarsi con me.
IL RAGNO HA TESSUTO LA TELA.
Esatto. (risata, n.d.r.)
COS’È QUINDI LA SPIDER FASHION?
Spider Fashion si occupa principalmente di gestire reti vendita per Italia e l’estero di una serie di aziende del mondo della moda. Operiamo sia come agenti che come distributori.
Il nostro head quarter si trova a Vigevano dove continuo a vivere in una bella realtà provinciale lontana dal casino dallo smog e dal grigio di Milano, circondato da uno staff giovane competente e ambizioso.
Per ogni brand inserito viene valutato il portfolio di agenti sia che stiano collaborando già con noi sia quelli potenziali.
Oltre a questo forniamo consulenze per creazioni siti web, app e-commerce e molto ancora.
Un altro servizio che forniamo è: “Dalla lampadina al consumatore finale” valutando idee di giovani designers fornendo loro tutto lo sviluppo, dal campione alla commercializzazione alla produzione.
QUALI SONO I MARCHI CHE GESTIRAI? PUOI FARCI QUALCHE NOME?
Inizio solo a farti 5 nomi: Chipie, Maians, Buffalo, Brigitte Bardot e Blomor Shoes.
RACCONTACI UN PO’ DELLE NOVITÀ.
Chipie. Rimangono sempre fedeli a se stesse. Originali e inconfondibili. Con il loro profumo delizioso e il loro spirito easy chic. La grande novità sarà il prezzo. Ancora più basso e competitivo: non ci saranno più scuse per non comprare l’orginale.
Chipie tornerà ad essere un best-seller assoluto.
Un altrà novità invece sarà l’arrivo della linea uomo. Da anni richiesta ed ora finalmente realtà.
Altra novità freschissima: Blomor shoes. Scarpe in tela easy e coloratissime dove tutto il potenziale grafico di Blomor potrà esprimersi alla massima potenza. Allegre, estive e accessibili.
Brigitte Bardot è l’affascinante linea di scarpe ed espadrillas di un’icona intramontabile.
INVECE LE MAIANS? HO AVUTO MODO DI VEDERE LA COLLEZIONE È MI HA CONVINTO MOLTO.
Sono scarpe sand-chic come la chiamo io. Di quelle che desideri mettere d’estate, anche la sera in un locale in riva al mare e con cui puoi tranquillamente andare a cena al Bistrot di Forte dei Marmi e poi recarti in spiaggia il mattino successivo.
E BUFFALO?
Buffalo è un progetto avviato con il mio amico Max Pilatino. Perchè siamo certi che quel tipo di prodottio, oggi che la zeppa è un punto di riferimento sul mercato, potrà tornare protagonista assoluta. Buffalo è semplicemente la storia della zeppa. Ci sono diverse celebrities che stanno tornando a indossarle.
QUINDI RIMARRAI PREVALENTEMENTE LEGATO AL MONDO DELLA CALZATURA.
Non esclusivamente, ma in prevalenza sì. In questo momento di mercato l’unico prodotto in cui si fanno ancora numeri decenti senza una grande inflazione è la scarpa.
Oggi la gente può vestire una t-shirt di Zara o H&M da 10 euro, ma è difficile che rinunci a una calzatura di marca e di qualità.
COME VEDI LA SITUAZIONE DEL MERCATO ATTUALE, CHE PER CERTI VERSI È ANCORA PEGGIORE DEL MOMENTO IN CUI NIPI È VENUTA A MANCARE?
Sicuramente la situazione è difficile. Però da una parte per certi versi la crisi ha fatto una scrematura. Forse c’erano troppi negozi sul mercato.
Oggi il futuro del negoziante indipendente multi-brand lo vedo molto difficile. Il ‘parallelo’ a breve scenderà drasticamente. Molti brand si concentreranno solo su una rete di negozi aziendali, con una gestione interna del prodotto e della sua distribuzione.
Credo sia finito il discorso di negozianti in province semi-sconosciute che fatturano svariati milioni di euro all’anno. In realtà parliamo di grossisti. Ma per loro non c’è molto futuro. Le aziende stanno oganizzandosi internamente.
Il vecchio negoziante che non è in grado di interfacciarsi online e sui social-network non credo che possa andare lontano.
QUAL È IL TUO CONSIGLIO?
Io consiglio di concentrarsi anche su prodotti customizzati, per essere unici.
E poi vedo necessaria per i negozi fisici la capacità di integrarsi con l’online. D’altra parte penso possano nascere, paradossalmente, linee di prodotti che possano essere venduti per politica aziendale esclusivamente nei negozi fisici e non sul web. Insomma prodotti che il negozio possa vendere con la tranquillità di non ricevere una concorrenza ‘sleale’ dalla rete perchè per averli il cliente dovrà recarsi necessariamente in boutique.
MI SEMBRA UN PUNTO DI VISTA NUOVO MA MOLTO INTERESSANTE.
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