Il termine upcycling viene spesso associato al riciclaggio ma non ha lo stesso significato. Venne coniato nel 1994 dall’ingegnere meccanico tedesco Reiner Pilz che dichiarò in un’intervista: “Il riciclo io lo chiamo down-cycling. Quello che ci serve è l’up-cycling, grazie al quale ai vecchi prodotti viene dato un valore maggiore, e non minore”.
L’upcycling, dunque, si differenzia dal riciclo non solo perché viene utilizzato per creare articoli diversi da quelli di partenza ma anche perché ha come obiettivo quello di creare un prodotto di maggiore qualità, reale o percepita.
Questa tecnica può essere applicata davvero ad ogni genere di oggetto, a partire dall’arredamento fino a giungere ai vestiti.
Quasi il 50% dei capi proposti nelle ultime collezioni di Marine Serre, ad esempio, sono upcycled. “Essere designer oggi significa saper creare e produrre in modo diverso.” ha dichiarato la stilista. “Perché andare a comprare tessuti, inventare stampe che dovranno essere cambiate l’anno successivo, quando c’è così tanto tessuto da riutilizzare? Trovo spaventoso che le grandi case non abbiano già fatto un passo verso questo tipo di produzione, quando poi passiamo il tempo a lamentarci degli sprechi.”
Se l’approccio adottato da Marine Serre è sicuramente innovativo, tra i luxury brand c’è anche chi ha fondato il proprio impero su questa tecnica.
È il caso di Chrome Hearts, brand nato a Los Angeles nel 1988, dall’idea dell’appassionato di motociclette Richard Stark, che era solito indossare delle giacche in pelle personalizzate a bordo delle sue Harley-Davidson. Decise di realizzarle in proprio con l’aiuto dell’amico John Bowman, esperto in pellami, e del gioielliere Leonard Kamhout.
I loro capi ottennero velocemente successo ad Hollywood, e il brand ricevette una commissione per il film Chopper Chicks In Zombietown, che vedeva tra i co-protagonisti anche la fidanzata di Steve Jones, il chitarrista dei Sex Pistols.
Dopo un paio d’anni le strade dei tre amici si divisero e rimase alla guida del marchio solamente Stark, dedicandosi alla produzione di articoli in pelle e gioielli in oro, argento e diamanti. Dopo aver incontrato una cliente di nome Laurie Lynn, Stark la sposò e le affidò un ruolo chiave nell’azienda.
Ciò che rende Chrome Hearts esclusivo è l’importanza che viene data al punto vendita fisico. Il primo flagship store venne inaugurato nel 1996 a Manhattan e tutt’ora il marchio non possiede un e-commerce ufficiale. Inoltre, non lavora a collezioni stagionali ed è severamente vietato diffondere informazioni o anche solo foto riguardanti un loro prodotto al di fuori dei loro negozi. Tutto ciò contribuisce a creare hype attorno all’azienda.
Con il tempo arrivarono anche le prime collaborazioni con nomi di spicco nell’ambiente moda come Rick Owens, COMME des GARÇONS, Off-White, Yves Saint Laurent, BAPE, Adidas, UGG e Vans. In questo modo Chrome Hearts è entrato a far parte del luxury fashion, arrivando ad ottenere un valore stimato di 1 miliardo di dollari.
Ma qual è il capo simbolo di questo brand? Uno tra i più esclusivi tra quelli offerti: i jeans. Proprio così, il loro prodotto di punta è quello ottenuto tramite upcycling. I jeans Chrome Hearts altro non sono che Levi’s a cui vengono aggiunti materiali di qualità come la pelle per le applicazioni a forma di croce e metalli preziosi come l’argento per gli inserti.
Un altro brand che è entrato a far parte del luxury, anche grazie alla sua recente collaborazione con Lanvin, è Gallery Department di Josué Thomas. L’artista ha fondato il marchio nel 2017 fondendo la sua passione per il vintage e quella per l’arte.
I suoi capi sono ottenuti da reinterpretazioni di capi vintage come pantaloni da lavoro con fondo svasato, denim invecchiato, T-shirt, felpe e altro ancora. Anche Thomas ha utilizzato come base di partenza i jeans Levi’s ma anche capi Carhartt, dando loro una nuova estetica, strappandoli, ricucendoli, mixando elementi diversi, dipingendoli a mano, aggiungendo materiali, in poche parole dando libero sfogo alla sua creatività.
Virgil Abloh è stato tra i primi ad apprezzare il suo operato. “È un esempio perfetto di qualcuno che crea il proprio percorso partendo da una comunità che non ha partecipato alla moda tradizionalmente […] Credo che Josué possa creare un nuovo canone, mostrando le capacità dei designer appartenenti alla comunità nera” ha dichiarato Abloh in un’intervista per il New York Times nel 2020.
Virgil stesso, all’inizio della sua carriera, ha utilizzato il metodo dell’upcycling con il suo primo brand fondato nel 2012, Pyrex Vision. Il designer comprò uno stock di camicie di flanella Ralph Lauren per 40$ e ci applicò delle stampe serigrafiche fatte di scritte e numeri, tra cui l’iconico 23 come omaggio al suo idolo Michael Jordan. Riuscì a rivenderle a 550$ e divennero ben presto un oggetto di culto in un mondo streetwear ancora acerbo. Tuttavia, il successo di Pyrex Vision ebbe breve durata e, non potendo registrarne il nome, Abloh decise di chiuderlo per poi fondare Off-White.
Il resto è storia.
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