Nicolas Ghesquière presenta la sua Resort 22 ancora una volta a distanza, lasciandosi ispirare da utopia e fantascienza, giocando con l’assenza di pubblico per decontestualizzare la collezione da qualsiasi principio spazio-temporale.
Lo scorso anno la presentazione della prima collezione Resort in tempi di covid firmata da Ghesquière era stata costretta a rinunciare al caloroso pubblico e ridurre il tutto ad una presentazione intima e blindata. La scelta, pur non essendo un obbligo, era una regola non scritta di buon senso e rispetto per quasi tutte le case di moda, Louis Vuitton non da meno, proponendo uno shooting in location nella sede centrale LV di Parigi, una collezione dai richiami anni 80 e un immaginario alla The Office tra fotocopiatrici, scartoffie e porte anti-incendio.
Quest’estate molte Maison hanno deciso di tornare all’energia e alla convivialità degli ospiti fisicamente presenti alla sfilata. Con più di un anno di esperienza alle spalle è stato infatti possibile, per molti brand, attuare misure di sicurezza e allestire spettacoli quanto più simili alle vecchie abitudini senza particolari problematiche né rischi.
Nonostante la possibilità, però, Ghesquière ha voluto calcare il suo lato solitario, la ritrovata pace nell’assenza, la sua predisposizione alla fantascienza e al surreale. É stato proprio grazie a questa passione, da sempre parte del DNA dell’artista, che il suo sogno interiore di spersonalizzazione dell’universo ha potuto prendere forma.
Lo ha fatto attraverso uno short movie girato all’Axe Majeur, alle porte di Parigi. Un ponte sospeso in mezzo al niente progettato dall’artista israeliano Dani Karavan, una struttura futuristica e un po’ distopica che perfettamente si sposa con l’immaginario rapimento alieno in epoca giurassica messo in scena dal direttore creativo.
Gli abiti, poi, non hanno niente di cupo e minaccioso come questa opulenta descrizione potrebbe aver lasciato intendere. Piume, volumi XL, pattern all over super chiassosi, dettagli sportswear e tessuti spalmati.
Il leitmotiv del rapimento alieno, però, si ritrova anche nella scelta delle stampe. Fulmini e saette si stagliano su pianeti, montagne e impianti sciistici dipinti sulla stoffa, per non parlare degli abiti dalle forme spaziali che salutano da lontano l’iconico concetto di futuro di Pierre Cardin coniato dopo il primo atterraggio sulla luna: accessori in plastica, strutture di sostegno interne e spalline da ammiraglio dei fumetti.
Per saperne di più:
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