In un dibattito continuo sulla creatività, ci si domanda ancora quante forme ed espressioni esistano di questa. La risposta non è quantificabile in una cifra finita, perché la creatività di per se appartiene alle ‘’cifre del possibile’’, come spiega Alexander Fury, ma esistono (nella moda) due macro gruppi nei quali collocarla: quella guidata e quella propria, che corrispondono rispettivamente alla figura del direttore creativo alla guida di una maison e a quella del designer fondatore del suo omonimo brand. Apparentemente simili, queste due professioni differiscono in regole ed imposizioni, spaziando dalla totale presenza di linee guida alla totale assenza. Una questione antica, ben nota negli ambienti dell’arte e design, che non sembra risolversi in un tempo breve.
Sono diversi i nomi noti che hanno saputo cogliere l’eredità artistica del brand una volta arrivativi, e su questa lavorare per poi ridare lustro alla maison, così da stabilire sin da subito un percorso che camminasse in parallelo con la storia del marchio. Da un ‘’never old’’ Tom Ford alla direzione creativa di Gucci, colui che ha avviato il brand al pret-a-porter, e che ha saputo cogliere dall’ampio archivio fino a quegli anni fatto di pelletteria, valigeria e accessori l’identità di Gucci, coniugandola all’estetica 90s, dominando la scena. Fino ad arrivare ad un più recente Nicolas Gasquiere che con un approccio graduale e non invasivo, ha permesso a Louis Vuitton di fare il grande salto nel futuro, cogliendo l’anima trasformista della maison che, sin dai primi tempi di Marc Jacobs, ha sempre lavorato sulla contaminazione artistica, antesignano della contemporanea definizione di ‘’collaborazione’’, la moda si è costruita in un rapporto di coesistenza tra ‘’regola ed estro’’. Ma quando la guida diventa imposizione, il fragile equilibrio che lega il creativo alla maison d’appartenenza viene inclinato da un mercato sempre più decentrato con più richieste, che ricerca nel presente i risultati del domani. Così i giornali parlano di Alessandro Michele che cede l’onerosa guida di Gucci ad un inimmaginabile successore, proprio perché il CEO richiede un passo in più che Michele ritiene prematuro, ed ancora uno più storico Jean Paul Gautier che lascia ai nuovi talenti la guida stagionale della maison, perché ormai ‘’too old to be cool’’. Ma non è nel passaggio di mano a vivere la sconfitta, ma nell’accettazione del progresso ha risiedere il successo e la sopravvivenza della creatività. Basti guardare al post Chanel senza Gabrielle, con un brand che riscopre di collezione in collezione la biografia della sua fondatrice, ma anche alle annate di Dior: dalla teatralità di Galliano al femminismo di Maria Grazia Chiuri, ognuno interprete dell’identità in una sua propria lingua, formatasi dalle esperienze personali del direttore creativo, che in un certo senso contaminano l’heritage del brand.
Eppure tutta questa innovazione sembra allentare la presa del mercato che vuole essere guidato in una crescita e non trasportato nell’immediato futuro. Come riporta il Financial Time la moda richiede certezze, e così i pochi ma resistenti designer che decidono di portare avanti il proprio brand, senza affidarsi ad una creatività imposta e guidata, si ritrovano a confrontarsi con le mura del profitto, ma ancor prima con gli investitori che si rifugiano nei grandi nomi. Questa fuga di fondi di investimento non è data da una scarsa fiducia nel futuro, ma più dalla consapevolezza del tempo richiesto per consolidare il nome di un nuovo brand per poi potersi posizionare alla pari dei colossi storici. Ma la creatività, quella spontanea, viene ancora protetta e sostenuta, e sono proprio i grandi nomi come Valentino e N21 ad offrire il loro supporto alle nuove generazioni, come Act N1 e Nensi Dojaka, con spazio per allestire gli show, media coverage, e fondi di ricerca. Anche grazie a piattaforme come Gucci Vault nate per dare una luce in più a quei neo brand in cerca del loro spazio.
Fiducia, sperimentazione ed un immancabile occhio sul domani permettono il progresso della creatività, che si impossessa dell’esperienza per immaginarsi unica e diversa.
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