A Febbraio sul web si sentiva solo parlare di lui, Clubhouse: il social vocale delle dirette online, lanciato nel Marzo 2020 da Paul Davison e Rohan Seth.
A farlo scoppiare è stato soprattutto la differenziazione dagli altri social network: così simile a una diretta, eppure con così tanto in comune con gli amati podcast che si sentono abitualmente su Spotify, tenuti da grandi esperti e personalità di spicco.
Personaggi influenti e vip non mancavano neppure su questa app, a cui era infatti possibile accedere solo su invito (rendendo la conversazione esclusiva) e partecipare alla chiamata, intrattenendosi per qualche ora con il proprio influencer o cantante preferito.
Un’opportunità grandiosa per coloro i quali hanno saputo sfruttarla: una domanda posta in modo adeguato era in grado di aprire dibattiti stimolanti per far intravedere uno stralcio di vita che altrimenti non sarebbe mai stato possibile vedere. Ma anche eccitanti conversazioni con esperti del settore, come leader di Economia, Marketing, Moda e così andando.
Eppure, già da fine Marzo, si può dire che l’hype di questo social network sia calato incredibilmente, non facendo quasi più parlare di lui. Il calo d’interesse in Italia da parte degli utenti non è solo un’impressione, ma è stato certificato anche dalle ricerche di Google e dalle statistiche di Google Trends.
Ma cosa ha reso il nuovo, già stantio nel giro di pochi mesi?
Innanzitutto la tendenza generale a stancarsi immediatamente di un oggetto, di un contenuto o di una proposta d’intrattenimento in generale è una tendenza assodata nell’atteggiamento del nostro secolo e non ha certo aiutato l’app a restare in voga mentre tentava di sviluppare e dare al pubblico la versione “completa” della piattaforma.
Il problema di Clubhouse è stato non aver sin da subito una versione in grado di supportare Android, sistema operativo di gran lunga più usato rispetto ad Apple.
L’impossibilità di accedere anche da Android, se unita al fatto che l’accesso era possibile solo su invito e che ad ogni stanza potevano accedere solo un numero limitato di persone (che non doveva superare i 5000) potrebbe spiegare bene come il social possa aver tradito sin da subito la sua stessa natura di “socialità” ed inclusione al pubblico, anche se sicuramente nei primi momenti genera valore e rumors a suo favore.
Per non parlare dei problemi dovuti al poco controllo sulle conversazioni: ogni conversazione poteva prendere pieghe sgradevoli, senza essere soggetta a nessun sistema di protezione e tutela degli utenti, proprio come avviene con il “trattamento dati”. L’utente non è sicuro di dove finiscano i suoi contatti, né del modo in cui vengono trattati e tutelati. Su SensorTower, infatti, le recensioni negative dell’app superano di gran lunga quelle positive.
La domanda che si fanno in molti è se riuscirà a risollevare l’interesse del pubblico quando sarà possibile scaricare l’applicazione anche agli users di Android: le ultime dichiarazioni ufficiali risalgono al 24 Gennaio 2021, dove gli sviluppatori dell’app già si dichiaravano a lavoro per la versione Android, ma ad oggi nessun altra notizia è stata diffusa, sebbene alcune voci la daterebbero entro la fine dell’anno. Ma, quando anche loro avranno seguito l’iter di comportamento che hanno avuto gli utenti Apple (gli utenti ”beta” che hanno sperimentato il social), cosa ne sarà di Clubhouse?
Senza dimenticare che forse, l’unico grande ostacolo alla crescita effettiva di questa app sono i contenuti stessi. Nell’era dell’immagine e del contenuto, può solo la voce mantenere alta l’attenzione degli utenti?
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