Esistono storie apparentemente già scritte. Tutto, non si sa come, è deciso. Ma ogni tanto succede che qualcosa scatta, che la retta via cambi rotta. Nascono così nuove prospettive, nuove sfide. È quello che è successo a Matteo Lamandini, classe ’89, che è passato dallo studio della contabilità, dei numeri, al disegno di abiti maschili. Questo intreccio di avvenimenti trova il suo archetipo nella “divisa” tipica del mondo finanziario, del bancario: pantaloni, camicia, giacca e cravatta. Da questo momento il suo mondo creativo si concretizza in una gavetta in brand prestigiosi come Marni, la vittoria al contest Designer for Tomorrow nel 2014 che gli ha permesso di fondare il suo eponimo brand e, infine, una collaborazione con Tommy Hilfiger.
Matteo, hai un passato di studi che ti lega al mondo della finanza, ed è proprio grazie a questo che la tua prospettiva lavorativa è cambiata. Ci vuoi raccontare come?
Ho intrapreso gli studi di ragioneria per la possibilità di un lavoro futuro, ma l’economia non era il mio forte. Sono rimasto fortemente attratto dalle divise dei bancari. Così, una volta terminati gli studi, ho deciso di frequentare l’Istituto Marangoni e di mettermi a disegnare queste divise che rincorrevo da tempo.
Quali sono i tuoi punti di riferimento stilistici che non cambi mai quando realizzi una nuova collezione?
Per quanto riguarda l’aspetto stilistico i miei punti chiave dai quali parto sempre a disegnare sono l’aspetto formale e la sartorialità: il primo perché, come detto prima, racchiude anche le divise del personale bancario. Parto sempre da qui con l’obiettivo di sdrammatizzarlo attraverso elementi contrastanti o che in apparenza non sembrano poter coesistere con esso. Per esempio nella collezione primavera/estate 2017 (presentata in questi giorni a Pitti, ndr) ho cercato di metterlo al centro di un confronto ironico con il mondo della Berlino underground. Questo per rendere il tutto più giovanile e adatto ad un pubblico più vasto.
Cos’è il made in Italy per te e quanto questo è fondamentale oggi nella moda?
Il made in Italy é una valore del quale dobbiamo andare fieri. Dobbiamo soprattutto riuscire a mantenerlo tale in questo mondo, dato che ultimamente sta via via scomparendo. Per made in Italy non intendo solo a livello produttivo ma anche nei tessuti e, soprattutto, il suo spirito creativo. È sempre stato apprezzato dagli stranieri e oggi come mai prima è una caratteristica sempre più ricercata. Proprio per questo motivo bisogna insistere per riuscire a mantenere inalterati quei tre valori che ho elencato prima.
Hai studiato in istituti importanti e lavorato in case di moda come Marni e Tommy Hilfiger. Quali aspetti di queste esperienze sono presenti nelle tue collezioni?
Da ogni ambiente lavorativo sono riuscito a ricavare elementi caratteristici del brand stesso in quanto molto diversi tra loro. Sono riuscito ad acquisire nozioni di stile differenti: da uno più sperimentale e mentre l’altro è più sportivo. L’esperienza da Marni è stata molto istruttiva soprattutto per quanto riguarda la ricerca del dettaglio e per lo studio sui volumi, mentre Tommy Hilfiger è riuscito a farmi apprezzare un mondo stilistico che non avevo mai considerato o che fino a quello momento non ero stato attratto: sono riuscito a incamerare vari elementi sportivi che oggi troviamo nelle mie collezioni. Queste esperienze sono state positive anche per quanto riguarda i differenti metodi di lavoro, di approccio: molto eterogenei, ma entrambi educativi.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho appena iniziato il mio percorso, ovvero la nascita del mio brand; a oggi sono alla seconda collezione in vendita. Oltre a questo continuo a collaborare con Tommy Hilfiger. Vorrei infine fare arrivare il mio messaggio, attraverso le mie collezioni, in più paesi possibili in modo tale da potere crescere.
ph courtesy: press office
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