Marky, voglio lanciare un brand streetwear. Me lo consigli?
No. A priori ti dico di no.
E perchè?
Il mercato è saturo. E’ difficile entrare nei negozi e ancora di più rimanerci. E difficile farsi pagare. E’ difficile ottenere il credito dalle banche. Dove cazzo vuoi andare.
Ma io ho una buona idea. Ci credo.
Bene. Molto gente ha buone idee. Ma non bastano. Oggi ci vogliono aziende e capitali. Senza un’azienda le idee non hanno la benzina per viaggiare.
Che caratteristiche deve avere un brand per entrare nel mercato?
Dipende che tipo di brand è, e in che tipo di fascia di mercato vuoi andare. Domanda generica.
Voglio fare un brand streetwear. Che caratteristiche deve avere il mio brand per entrare nei negozi e spaccare?
Anche nel settore streetwear, ci sono molte differenze.
Ma innanzitutto, quindi, lasciamo stare la poesia. Fare abbigliamento è un business. Dobbiamo parlare di soldi e di ricarichi. Andiamo subito al nocciolo.
I negozi sono in crisi e sono stufi di fare i barboni. Stanno saltando e chiudendo, indebitandosi o facendo la vita dei pezzenti.
Ma allora chi glielo fa fare?
Gli italiani sono un popolo ricco di fantasia e di inventiva. La crisi sta facendo molta pulizia e spazzando via molte aziende non competitive. Ma gli italiani prima di darsi per morti, giocheranno le loro carte.
Ma è tutta colpa della crisi?
In parte. Quest’anno il calo dell’abbigliamento è stato quasi del 5% da dati ufficiali. Aggiungici quello degli scorsi anni.
Accidenti!
Calma. E’ un calo del settore in generale. Ma non calcoli che nel settore sono entrate da qualche anno le grandi catene tipo Zara, H&M, più i franchising che lavorano sul fast fashion. E’ un fenomeno esploso negli ultimi 5 anni.
Non posso fare stime precise. Ma se ci metti questo puoi immaginare come molti negozi indipendenti multimarca abbiano perso anche il 40%-50% di giro d’affari nel corso degli anni. E’ una situazione pre-fallimentare.
Mettici il costo della vita, le maggiori tasse. Non possono stare in piedi. Ripeto, il lavoro del commerciante a certi livelli è diventato una cosa da barboni. Quasi umiliante.
E allora?
E allora in Italia dovranno imparare a fare quello che all’estero spesso sono abituati a fare meglio. A fare sistema. A mettersi assieme. A creare catene, che abbiano forza contrattuale, finanziaria, dilazione nei pagamenti, accesso al credito, magari la possibilità di inserire linee e brand di produzione interna.
Ma ci vuole del tempo a fare ‘sistema’…
Di tempo ne rimane poco. Ben poco.
E nel frattempo?
Tornando alla tua domanda, come potranno stare in piedi? Come credi che stiano in piedi gli H&M con palazzoni giganti in zone tipo S. Babila? Alto volume di vendite, ma soprattutto ricarico. Saltando tutta la catena produttori-rappresentanti queste aziende ricaricano tranquillamente 7-10-15-30 volte il costo di produzione. Ecco come si permettono quei palazzi. Producono solo quello che chiede il mercato in tempo reale, ispirandosi alle griffe, fanno spesso tutto in casa, ossia nelle aziende che producono che sono di loro proprietà.
Come può un negozio ricaricare del vecchio 2,4 considerato che l’arrivo delle catene sta facendo anche triplicare (e oltre) il costo degli affitti nelle zone commercialmente interessanti?
Ho capito, devo lasciar stare?
Se vuoi entrare sul mercato e restarci devi dare al negoziante un ricarico del 3,5 e anche oltre. Quello che gli servce per stare in piedi. Le vendite sono calate, le rimanenze aumentate, i costi e le tasse anche. E’ necessario. Forse è impossibile arrivare al 5 o 6 ma al 3,5 un’azienda di un certo tipo può arrivare. Progressivamente, diverrà la norma .Ci sono già aziende che danno ricarichi simili, anche se molte fanno del bruttissimo prodotto. Piano piano ci arriveremo, magari per gradi. Magari non arriveremo fin li come norma, ma ci avvicineremo.
Ma rimarranno solo brand che daranno ricarico così alto?
No, forse no. Rimarranno anche brand storici, con un grande forza (ma che dovranno in parte adeguare i ricarichi) e ci saranno aziende nuove e fresche con idee brillantissime che ‘spaccheranno’ per una o due stagioni, ma che poi, per rimanere vive dovranno strutturarsi come vere aziende. O avranno idee continuamente geniali, cosa pressochè impossibile, o daranno un prodotto super-esclusivo per pochi ‘cultori’, oppure dovranno adeguarsi alle richieste del mercato.
Allora devo andare a produrre in Cina o in Bangladesh?
Non basta dare il ricarico. Ci vogliono anche le idee. Altrimenti perchè un cliente dovrebbe comprare il tuo brand e non un prodotto di Zara?
Ma quindi il Made in Italy non conta più un cazzo?
Lasciamo stare. Non parlarmi di made in italy quando si parla di streetwear: felpe e t-shirt. Parlami del Made in Italy nell’alta moda (anzi guarda, meglio lasciar stare perchè apriremmo un capitolo infinito). Le grandi aziende streetwear Nike, Vans, Adidas, Reebok tutte, producono fuori. Le IDEE rimarranno made in Italy. La mente dell’azienda. Il resto no.
Quali brand stanno fornendo ricarichi importanti nel settore streetwear per i negozi indipendenti?
Ce ne sono diversi. Un fenomeno interessante è quello di Humor.
Perchè interessante?
Perchè attirati dal ricarico ottimo proposto ai negozi, molti proprietari hanno svuotato il negozio dei brand che avevano..quelli da grande centro commerciale, quelli che vedi sulle riviste mainstrem di lifestyle uomo e donna…
E hanno messo dentro massicciamente Humor. Il problema è che Humor non è per niente un prodotto facile da vendere. Non è un brand per tutti.. E’ un prodotto che sebbene realizzato a casa di Dio, è ben fatto… ma è un prodotto di design, con un’idea e una sua identità molto peculiare. Dal gusto spiccatamente nordico. Molti negozi che vendevano brand sponsorizzati da calciatori si sono trasformati in negozi di avanguardia.
Ora però quella roba la devono vendere. In pratica Humor sta costringendo i negozi a tornare a fare il loro lavoro. A imparare a proporre cose nuove e vestiti, non a farli vendere dai calciatori sulle pagine di giornale, ma dai loro commessi.
La qualità conta ancora?
La qualità è il punto minimo di partenza. Nessuno ha il coraggio di dire che nella mischia, non tutti, ma molti prodotti che trovi nelle mega catene sono di qualità tale e quale e a volte superiore al prodotto presente in negozi di fascia medio-alta.
Quindi le idee fanno la differenza.
Le idee. E anche il prodotto. Molti negozi, che prima vendevano griffe, si sono rotti le palle di etichette e loghi. Vogliono dare ai loro clienti un prodotto vero, che abbia qualitativamente e anche dal punto di vista della coerenza, dell’identità, della storia una sapore vero e autetico. Un prodotto VERO fin nella sua più piccola cucitura. Qualcosa che appunto non troverai mai nelle catene del fast fashion.
Hai notato come stanno entrando sul mercato nuovi brand apparteneti al filone gotico Dark? Roba carissima con nomi semi sconosciuti al grande pubblico.
Brand nuovi e freschi, che puntano tutto sull’esclusività, l’artiginalitò. Julius, The Viridi-Anne, MA+, Guidi, Damir Doma…eccetera. Questi sono i brand dei veri nuovi ricchi. Ricchi ma intenditori. Quelli che non trovano più nessun tipo di esclusività nell’indossare una borsa che poi viene venduta taroccata dal vu cumprà all’angolo della strada.
Conta ancora fare pubblicità sulle riviste mainstream super-patinate per lanciare un brand streetwear?
No. I ragazzi stanno su internet e Facebook, leggono i blog come Waitfashion, e rivisite underground come Wait!, Pig, Vice. Queste sono le riviste che possono aiutare a lanciare un brand. Le altre le seguono gli ultra 40-enni o gli sfigati.
Il brand, il nome, conta ancora?
Certo, tantissimo. Il brand come garanzia di una storia, di un mondo, di idee. Un brand in sè e per sè che si aggrappi solo al suo nome è destinato a morire.
Se vuoi fare un brand non puntare sul nome e sul logo. La guerra di slogan e brand su felpe t-shirt e una roba anni 90. Non vale più un cazzo. Chi c’ha la scritta più grossa, più presente, più esposta. Sono robe da ragazzini di un tempo che non c’è più.
Ma i giganti come Nike, Adidas vendono ancora?
Certo. Ma se noti hanno segmentato le lore linee. Le trovi da Bata e da Scarpe & Scarpe. Poi anche nella boutique strafiga. Ad ognuno la sua Nike.
Guarda un po’ però dove stanno dirottando la loro pubblicità questi brand…? Fatti un giro in rete. Sui blog. Dove nascono le mode.
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