Calze smagliate e pantaloni con (finte) macchie d’erba. Quando si tratta di andare “oltre” il diktat delle regole del lusso, destrutturando anni e anni di certezze estetiche, il brand fiorentino è sempre in prima linea e non smette mai di stupirci. Almeno da quando sulla tolda della nave è ben saldo al timone Alessandro Michele.
Collezione dopo collezione, lancia nuove sfide. E quella di quest’anno ci sembra davvero memorabile. Anche perché il porto in cui intende attraccare è quello dell’inclusività e della sostenibilità. Michele vuole trasformare il consumatore, da vittima di etichette e stereotipi, a individuo eticamente responsabile, più libero di esprimersi.
Protagonisti di questa significativa nuova scommessa, sono due capi “comuni”: le calze e i blue jeans ai quali Alessandro Michele ‘dona’ una nuova vita catapultandoci nella Londra grunge degli anni ’80 e ’90.
Ma scopriamoli insieme:
Nel 1998 è Helmut Lang a proporre i primi “Painter Jean” macchiati “ad arte” come una tela di Pollock, dedicati all’abbigliamento da lavoro americano. A gennaio di quest’anno, Michele, sulla passerella della sfilata uomo A/W 20-21, ci presenta il ricordo vintage della sua e della nostra infanzia passata a giocare spensieratamente fra verdi prati. Un ricordo incarnato in un modello jeans a vita bassa, dal taglio classico e a gamba larga. Il tessuto celeste è lavorato per ottenere finte macchie d’erba con il trattamento délavé.
E c’è di più.
Il modello, che troviamo sul sito del brand al costo di 680€, è ottenuto dal cotone organico. Il capo fa parte del programma sostenibile “Gucci Up”, che rispetta decisamente la nuova filosofia del brand carbon neutral.
Il secondo capo, tendenzialmente punk rock, sono un paio di calze nere ruined, presentate lo scorso febbraio e introdotte recentemente sul mercato al costo di 140€.
Ma, sebbene siano come tutte quelle comuni calze, che per tanti anni noi ragazze abbiamo buttato perché irreparabili (e che molto probabilmente non butteremo più…), sono attualmente sold-out.
Beh, che dire? Le calze rotte incarnano perfettamente il messaggio di rottura delle regole e di ridimensionamento al consumismo. Vanno letteralmente oltre “il velo della perfezione” che per decenni ha indossato il mondo del fashion luxury.
È chiaramente percepibile che Michele ci stia suggerendo ancora una volta, come un capo di lusso pur rimanendo strettamente legato a un “nome”, all’alta qualità e a una tendenza, non debba mai mancare di un significato concettuale.
Un abito deve raccontare e difendere una storia, una memoria e una filosofia. E senza alcun dubbio, può essere un alleato immortale…
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