Giovanissimo e con tanta voglia di creare, Matteo Carlotto è designer nonché fondatore del suo brand streetwear “Not Safe For Humans”, attraverso il quale trasforma l’immaginazione in realtà; occupandosi di creare, ideare e realizzare personalmente ogni pezzo delle sue collezioni. Una figura che può ispirare tanti giovani creativi. Qui di seguito la nostra chiacchierata…
Come è nata la tua passione per il design? Da dove sei partito? Hai sempre voluto fare questo?
Ho iniziato ad approcciare al mondo del design a 11-12 anni quando ho scaricato per la prima volta Photoshop e ho cominciato a lavorare sulle grafiche, un po’ per gioco. Ero bravino, per questo hanno iniziato a contattarmi alcuni Youtuber affinché realizzassi magari i loro loghi piuttosto che le copertine per i loro profili.
Questo è stato il primo contatto che per un po’ di anni ho perso in quanto mi sono iscritto al liceo linguistico; poi al terzo anno decido di cambiare e iscrivermi a grafica & comunicazione.
Dopo circa un annetto, dove avevo riempito il computer di progetti inizio ad informarmi su come stampare le mie grafiche su le t-shirt; così ho iniziato a “produrre” i miei primi capi: tees molto semplici con su delle stampe di codici a barre e coccodrilli.
All’inizio stampavo solo su maglie di stock; così nell’estate della quarta superiore, non avendo molto da fare, inizio a cucire la mia prima maglia da zero.
Da dove è partita l’idea di creare il brand?
L’idea è nata gradualmente, in particolare mentre iniziavo a creare la mia prima linea totalmente cucita da me , ho sentito la necessità di fondare un qualcosa di mio e ampliare le mie possibilità.
Hai mai pensato di lavorare per brand più noti?
No, ho sempre creduto nel mio progetto e non ho intenzione di mollare!
“Not Safe for humans” è sicuramente un nome singolare per un brand di streetwear: come hai avuto l’idea?
L’idea del nome nasce dall’esigenza di voler trovare un nome che fosse di nicchia ma al contempo provocatorio.
Un pomeriggio stavo navigando su internet e nella mia mente hanno cominciato a prendere forma queste parole; il nome non doveva avere un senso vero e proprio, diciamo che non voglio etichettare il mio brand. Mi piace l’idea che siano le persone a dare una loro interpretazione all’interno della quale potersi rispecchiare.
Per quanto riguarda l’organizzazione lavorativa: Ti occupi sia della parte manageriale che del marketing? Hai una crew di designer che collaborano insieme a te?
Per quanto riguarda l’organizzazione non ho una crew di designer, mi occupo io di tutto; chiaramente se devo produrre una linea un po’ più ampia ho qualche sarta che mi da supporto. Mi appoggio anche ad un’agenzia di Milano, la “Carry over PR” che si occupa del marketing: ha fatto sì che la mia giacca della nuova collezione fosse indossata durante un puntata di X Factor .
Collaboro anche con qualche stylist o video maker; per esempio MECNA nel suo ultimo tour ha indossato i miei capi. Nonostante la mia giovane età, posso ritenermi molto soddisfatto e poi dove non so, chiedo!
Nella bio di NSFH dici che il brand nasce per esprimere i bisogni della persona odierna: pensi che l’uomo di oggi abbia bisogno di indossare capi freddi e piuttosto minimal? Se sì, perché?
Personalmente penso che indossare capi minimal sia un’esigenza che la persona odierna possa avere, perché un look oltre che essere bello deve essere anche comodo; non a caso per tutte le mie collezioni adotto sempre una vestibilità oversize.
Mi piace concentrarmi sul dettaglio e rendere ogni pezzo unico.
La nuova collezione “Eye Vision” per la SS’20 è concettuale e soprattutto ribalta i canoni ordinari: puoi svelarci qualche aneddoto che ti ha portato a realizzarla?
Mi faccio guidare quasi sempre dal caso per creare una collezione. Le idee migliori mi vengono di notte perché la mia mente non smette di lavorare un secondo; a proposito della collezione “Eye vision”, l’idea del completo jeans l’ho avuta una notte e la mattina non vedevo l’ora di realizzarla per poterla vedere concretizzata davanti ai miei occhi.
Molto lo devo anche al mio grande spirito di osservazione: guardo come si muove la moda, cosa va e cosa no; in questo modo riesco a rielaborare ciò che è in voga, sempre con stile!
Quello che ci tengo a dire nonostante io sia ancora un designer in erba, è che svolgo un’accurata scelta dei tessuti; per me sono un po’ come la tela su cui dipingere.
Data la tua giovane età, ti senti di dare un consiglio a chi come te, vuole realizzarsi nel mondo del design?
Consiglio di iniziare gradualmente, fregarsene dei pregiudizi e continuare a investire nel proprio sogno.
Puoi scoprire la storia di altri giovani e di brand emergenti come Resse Cooper e ALEA
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