Sfera Ebbasta, uno degli artisti più ascoltati, criticati, amati, odiati, disprezzati e idolatrati del panorama musicale italiano. Una cosa è certa: tutti sentono il bisogno di giudicarlo e anche questa volta la rockstar della trap continua a far parlare di sé.
Attraverso interviste, video inediti, canzoni e spezzi di vita reale, il regista Pepsy Romanoff (noto per le sue collaborazioni con Vasco) ci accompagna nel mondo del (t)rapper made in “Ciny” (titolo del singolo in cui l’artista celebra il suo paese nativo Cinisello).
“la C con la mano è da dove veniamo”
Dal 27 ottobre disponibile su Amazon Prime Video, in quasi due ore di documentario viene riassunta l’ascesa del rapper. Dall’unione di quello che oggi è il team creativo, seduto ad un tavolo di McDonald’s contando le monete per un panino, al palco del Forum di Assago. Dai venerdì sera nello studio di registrazione improvvisato nella camera di Charlie Charles (figura centrale per il successo di Sfera: grande amico, produttore e mente del progetto musicale), alle collaborazioni con artisti internazionali come J Balvin, Diplo e Steve Aoki.
Quella di anticipare una tappa importante di un artista (in questo caso l’uscita del suo prossimo album il 20 novembre: “Famo$o”) con un docufilm, è una mossa diffusa: una sorta di riassunto per fare ordine e mettere dei paletti nella sua storia. Da qui sorgono le prime critiche. La stampa si è domandata se fosse davvero necessario un documentario per raccontare i soli cinque anni di carriera dell’artista, definendo il film “un tappeto rosso che conduce alla costruzione del nuovo album”, finendo però per trascurare alcune aspetti.
Eppure durante la conferenza stampa in cui si è presentato il film, il regista ha dichiarato di aver registrato così tanto materiale da poter realizzare non uno ma tre film e che solo un’attenta cernita ha permesso loro di selezionare i momenti più rilevanti. Romanoff infatti definisce la storia di vita di Sfera Ebbasta come una grande storia che può insegnare qualcosa, specialmente in questo periodo così vuoto.
“Il messaggio che lascia questo progetto è positivo: è un documentario che racconta due ragazzi che vogliono spaccare il mondo con la loro musica.”
Dichiarazione che ha fatto scatenare i giornalisti più polemici, criticando persino la scelta di aver utilizzato il simbolo del dollaro nel titolo dell’album, per il periodo storico che stiamo vivendo.
Si sa, uno degli obiettivi del team è quello di conquistare il panorama musicale oltreoceano (mantenendo la lingua italiana). Non ci si dovrebbe nemmeno chiedere quindi, se il simbolo del dollaro sia stato usato perché fa molto “rockstar internazionale” o per voler dire “crisi o non crisi, qui si fattura un casino”. Ogni domanda però è lecita.
Un altro elemento al centro di critiche è che l’artista non sia stato messo completamente a nudo. La sensazione che il cantante si voglia “svelare” ma non troppo è percepibile. Ma dall’altro lato qualche scorcio di vita vera ci lascia intravedere il suo lato più umano. Dal “bacino prima di salire sul palco” dato alla mamma. Alla scena in cui il team, al lavoro in un piccolo paese della Toscana, una sera sente un gruppo di ragazzine che suonano il flauto per puro caso e nell’incredulità di tutti, una di queste viene assoldata per partecipare alle registrazioni del nuovo disco del rapper. Questo è il lato dell’artista che piace più al pubblico: un ragazzo semplice che realizza il sogno di una qualsiasi ragazzina sua fan e non, suonare per lui e con lui. Sfera gioca con la piccola provando a suonare il flauto senza troppo successo: uno spaccato di vita vera, finalmente senza veli e riflettori addosso.
La decisione più discussa però è quella di non aver trattato l’argomento delicatissimo della strage di Corinaldo. Vicenda che ha sicuramente avuto un ruolo rilevante nella definizione di quel fenomeno mediatico che è oggi Sfera Ebbasta. Scelta che rimane coerente con la volontà della squadra avuta fino ad ora: quella di non voler commentare pubblicamente l’accaduto, ma di occuparsi dell’avvenimento privatamente. Effettivamente la vicenda viene ricordata dopo i titoli di coda con una scena dove il trapper ricorda le vittime al concerto di Assago. C’è da domandarsi se “il giornalista imbruttito” non abbia stoppato il film prima della fine dei titoli di coda o se semplicemente ci si aspettava una riflessione più intima. Shablo, manager dell’artista, dichiara di aver voluto citare la vicenda nella maniera più artistica possibile.
“Quella di Corinaldo è una tragedia che ci ha segnato, che non dimentichiamo mai. Ci sono state anche delle sentenze. Mettere una dedica alla fine del docufilm ci sembrava la maniera più artistica per ricordare”
Sebbene, a solo dieci giorni dall’uscita, il documentario abbia scatenato le critiche più severe, non sono mancati gli apprezzamenti. Da parte dei fan più fedeli in primis, che si sono scagliati contro coloro che hanno sminuito il loro idolo, accusandoli di non averlo guardato con abbastanza attenzione. Effettivamente gli spunti interessanti sono moltissimi: non tutti conoscono il vero valore artistico del team, sopratutto tra gli adulti dove gira il pregiudizio del “trapper che incita i propri figli a sognare una vita fatta di sfarzo, macchine, marijuana e sciroppo”. Il film invece è stato in grado di sottolineare e mettere in risalto il vero potenziale dell’artista, facendo cambiare opinioni a molti. Non a caso la sua musica è ad oggi un fenomeno internazionale.
Per non parlare del boom di iscrizioni registrate su Amazon Prime Video per chi non fosse in possesso dell’abbonamento. Il team avrà ricevuto un pacco regalo tramite corriere come ringraziamento?
Ed infine la storia di due ragazzini che dalla periferia di Milano arrivano a Los Angeles fa davvero sognare. E il regista è stato davvero bravo a enfatizzare questa sensazione: Sfera passando davanti al Forum di Assago dice al suo compagno Charlie “Bro! Non sono mai stato qui. Non voglio entrarci fino a quando non ci canterò”.
“Bro! Non sono mai stato qui. Non voglio entrarci fino a quando non ci canterò”
Certo, la storia del rapper venuto dal nulla che scala le classifiche mondiali è già sentita. Ma il numero di “chi arriva” in proporzione a “chi ci prova” è davvero minimo.
E voi da che parte state? “Giornalista imbruttito o trap lover?” Mi raccomando la risposta solo dopo aver visto il film.
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