In un tempo in cui l’immagine è tutto, c’è chi questa la fa parlare, ma sopratutto la ‘’veste’’. Nella sua ultima campagna SS23 intitolata Director’s Cut, Saint Laurent non affida le proprie parole agli scatti di modelli, ma allo sguardo cinematografico, rigorosamente in bianco e nero, dei maestri ‘’ribelli’’ della pellicola contemporanea. Sfuggenti, alteri, quasi infastiditi da un obbiettivo fotografico volto a catturare un occhio semichiuso, una bocca pendente e una mano nascosta, narrando loro, i protagonisti, per la prima volta lontani dalla macchina, e ora nel vivo della scena: David Cronenberg, Jim Jarmusch, Pedro Almodovar, Abel Ferrara sono i nuovi divi inaspettati del noir della maison.
David Sims, autore degli scatti, guidato dal direttore creativo Anthony Vaccarello, si concentra sull’espressione accentuata dal silenzio fisico di una imperturbabile staticità, e l’abito sembra quasi sparire, diventando cornice, costume e scenografia nel medesimo tempo. ‘’L’abito è un costume che non conosce ripresa, non ricerca l’obbiettivo della camera, ma lo sguardo di chi lo indossa’’ spiega Cronenberg avvicinando il dibattito sull’esistenza di un cinema che si serve della moda ad un’altro sul ruolo della moda come costume scenico intessuto dell’esperienza. La comunicazione è resa efficace da un uso minimale dell’abito: i registi non indossano abiti di spicco della collezione, ma si adagiano su cappotti e maglie che semplicemente riaffermano l’immagine del ruolo del director, a volte nascosta dietro la cinepresa, a volte, come in questa, si mostra, sempre però, non rivelandosi del tutto, in fondo sono loro a conoscere la macchina, e sanno ‘’come prenderla’’.
Un equilibrio tra esposizione e introspezione, che guida l’occhio del pubblico in un noir avvincente. La campagna rappresenta il continuo dello story telling filmico al quale Vaccarello affida la sua comunicazione, un tributo velato alle amicizie del fondatore degli anni 70.
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