Decifrare i contenuti di una sfilata di moda può essere molto facile o complicatissimo. Spesso ci troviamo davanti abiti senza anima adatti solo ad essere postati sui social. Altre volte, benché più rare, veniamo colpiti da sensazioni intime e profonde. Francesca Liberatore comunica questo con la sua ultima collezione presentata, come di consueto, alla New York Fashion Week.
La stilista romana domanda, attraverso le sue proposte, dove è finita l’identità delle donne oggi, la loro personalità, il loro essere uniche. La loro bandiera. Liberatore cerca una nuova moda, tornando indietro ai suoi fasti e andando avanti, provocando nuove riflessioni.
È una collezione intellettuale, nel senso proprio che è stata fatta con intelligenza, puntando più sui capi-spalla che sul resto, cercando nuovi volumi, nuove silhouette. Sportiva certamente, ma anche con un’eleganza anni ’30 ben visibile dallo styling molto preciso. Pochi colori, ma non servono se sei una donna consapevole, solo alcune pennellate create per definire un’idea di appartenenza, un’utopia. I vestiti, rispetto alle giacche e ai cappotti, sono timidi, restii a emergere. Ma forse è una scelta voluta, consapevole, della nuova idea di femminilità di Francesca Liberatore.
La sfilata si chiude con le modelle che portano davanti al capo volti di donne famose e non, come a indicare che siamo sì tutte uguali, ma che è importante riscoprire il nostro io specchio, il nostro sé. Altrimenti il rischio è di diventare una banale personificazione di un sistema fermo e contraddittorio.
ph courtesy: press office
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