Il documentario non solo racconta la vita della blogger, ma da anche un interessante approfondimento sul mondo della comunicazione e su come quest’ultimo si sia evoluto fino ad oggi.
Chiara Ferragni Unposted, il docu-film per la regia di Elisa Amoruso presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, è un oggetto misterioso: la presenza della protagonista sembra essere duplice, la Chiara “privata” spiega e rivela quella “pubblica”. Ma chi è Chiara?
Lancia The Blonde Salad, il suo blog personale, nel 2009 dando inizio ad una rivoluzione nel mondo della comunicazione. Chiara fa della sua vita una vera e propria narrazione, non solo rendendo i propri followers partecipi della sua quotidianità, ma anche avvicinando il mondo della moda (ambiente fino a poco tempo fa di nicchia) al pubblico.
Ad oggi può vantare ben 17 milioni di followers su Instagram, tra chi la seguiva sin dal principio e chi si è affezionato al suo storytelling nel quale giorno dopo giorno, mostra ogni piccolo dettaglio e sfaccettatura della sua vita in modo genuino e umano. Rispetto ai suoi post molto più ‘impostati’, nel condividere stories è lei stessa che gestisce i contenuti proprio come farebbe ognuno di noi, riportandola su un piano in cui ci sembra non più così distante.
La sua ascesa inizia nel 2009, quando da semplice fashion blogger diventa una tra le ‘influencer’ più popolari, e su di lei è stato sviluppato un case history presso l’Università di Harvard in quanto rappresenta un caso pionieristico di realtà imprenditoriale: con lei ha infatti inizio l’era dell’ influencer marketing.
Essendo appunto stata la prima a portare questo fenomeno in Italia, è riuscita a ricavare un suo spazio in un contesto da sempre esclusivo con l’abilità di saperlo plasmare a sua immagine tanto da diventarne il punto di riferimento, seppur andando incontro a chi ferocemente criticava e non comprendeva il suo ruolo.
Nonostante il fashion system si sia adatto al suo modello di business c’è ancora chi preferisce rimanere fedele all’approccio tradizionale che da sempre ha contraddistinto questo mondo. Uno tra questi è Valentino Garavani, l’imperatore della moda, il quale ad oggi sebbene abbia un numeroso seguito sui social si rifiuta di essere chiamato ‘influencer’, etichettando quest’ultimi come “modelli che propongono scelte ridicole e sbagliate e diffondono il cattivo gusto”.
Il docufilm
Il documentario Chiara Ferragni Unposted, è a primo impatto visivamente piacevole: offre una narrazione mirata ad un pubblico internazionale, grazie anche all’estetica hollywoodiana, una colonna sonora suggestiva ed offre inoltre tanti ed importanti spunti di riflessione.
La fotografia è glamour e patinata, proprio come la protagonista, anche quando in scena vanno emozioni e sentimenti contrastanti, che dovrebbero essere tristi e mostrare il lato oscuro della medaglia. Ecco, “dovrebbero” perché in realtà di questo lato della medaglia vediamo ben poco: regia e produzione hanno avuto infatti una metodica accortezza nel mostrare, e celebrare, solo le vittorie significative che hanno portato Chiara ad essere il fenomeno che è oggi, creando un corredo di elogi anche tramite le scene con gli interventi di giornalisti, amici e familiari.
Una persona semplice, buona e genuina che non spreca il suo odio neanche per chi la critica, che si è “fatta su” da sola senza l’aiuto di nessuno ma con il solo supporto motivazionale della figura materna, grazie alla quale è stata abituata fin da piccola a stare davanti all’obiettivo e sotto i riflettori: la madre, infatti, da appassionata di moda fa sfilare da subito Chiara e la inserisce anche nel mondo delle campagne pubblicitarie.
La gratitudine di Chiara verso la madre è parte preponderante nel film e afferma che se non fosse stato per il supporto della sua famiglia, che ha sempre creduto in lei senza mai tappare le ali, non sarebbe dove è ora. Per lo stesso motivo, ora che anche lei ricopre questo ruolo, manterrà la stessa filosofia con il figlio, perché così farebbe “la Chiara che vorrei”.
Interessante però, è notare come anche nei momenti di semplice quotidianità Chiara non è mai sola, ma sempre circondata da amici che sono anche suoi collaboratori, che la supportano nelle azioni quotidiane. Ed è qui infatti che il docufilm pecca di superficialità ed è totalmente incoerente: se la morale della favola è “se puoi sognarlo, puoi farlo” e soprattutto che ci si può riuscire anche da sole allora perchè Chiara sola non lo è mai? D’altronde si sa, da soli non si va da nessuna parte. Che sia il supporto della madre, la collaborazione con l’ex fidanzato – verso il quale perde la fiducia chiudendo definitivamente il rapporto, forse l’unica vera cosa “Unposted” che ci viene rivelata – o il sostegno dei suoi amici più o meno importanti, Chiara realmente sola ci è stata poche volte.
Gli spunti di riflessione importanti derivano dagli interventi di amici collaboratori, giornalisti e specialisti del settore moda/comunicazione: offrono considerazioni su quello che Chiara è stata in grado di rivoluzionare nel mondo moda, facendolo suo e ribaltando le regole del gioco, come abbiamo narrato qualche riga più su. Se dal lato marketing Simone Marchetti, editor-in-chief di Vanity Fair Italia, definisce gli influencer delle “pagine pubblicitarie viventi”, il commento più vero è forse quello di Chiara Barzini e riassume essenzialmente anche il documentario in sè: afferma infatti che una delle grandi rivoluzioni di Chiara è stata quella di aver reinventato lo storytelling, privandolo del conflitto, che è il fulcro di una narrazione.
E se il segreto del successo risiede proprio nella sua leggerezza, allegria e spontaneità allora ben venga, non resta che pensare anche noi alla “Chiara che vorremmo” e sognare in grande.
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