Tra la Cina e la Russia esiste un’altra terra, la Mongolia. Famosa per guerrieri come Genghis Khan, il quale fondò l’impero mongolo, e Kublai Khan, suo nipote, che conquistò la Cina nel 1271, quest’area conta appena tre milioni di persone, tra cui, almeno fino al 2005, Tsolmandakh Munkhuu, stilista, la quale, per seguire la sua passione, si trasferisce a Parigi al fine di studiare moda presso l’ Atelier Chardon Savard e fondare nel 2010 il suo brand Tsolo Munkh.
– Le abitudini di ogni paese sono diverse, proprio come l’erba di ogni prato -. Questo proverbio mongolo sintetizza il manifesto su cui si erge il marchio di Munkhuu. Ogni sua collezione infatti, è un connubio tra la spiritualità derivante dagli insegnamenti del Buddismo, religione – se così vogliamo chiamarla – di maggioranza del popolo asiatico in questione, e ciò che la designer vede e vive ogni giorno in Europa, portandosi quindi dietro tutto quello che la cultura occidentale comporta, compreso lo stile di tutti i giorni.
Gli abiti che ogni stagione rivestono Tsolo Munkh sono il risultato artigianale di ricami fatti a mano, dipinti sui tessuti e riutilizzo di materiali di recupero. Questo per quanto riguarda l’aspetto materico, tangibile. Sul fronte della silhouette, linee fluide avvolgono capi più strutturati, bilanciando così i pesi e rendendo quasi teatrali le creazioni, senza però cadere nell’opulenza. Infatti, ogni modello risulta essere una fotografia interessante della moda contemporanea, o meglio di una parte di essa che tenta di scrivere un altro percorso, distante dai social e dai lustrini.
Nonostante sia presente con le sue collezioni in negozi come Dantone a Milano e l’Eclaireur a Parigi, il brand è conosciuto perlopiù da pochi intenditori. Tuttavia, è quanto mai necessario raccontare di queste realtà per fare conoscere un concetto estetico e commerciale controcorrente, o che comunque si pone a debita distanza dalle frivolezze, indagando invece sullo zeitgeist, tenendo però sempre vivo il passato, la propria storia.
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