Reinventare. Un verbo molto usato nel mondo della moda. Capita spesso, però, che questo processo porti a un risultato negativo, quello che volgarmente si definisce un buco nell’acqua. Ma è proprio così necessario realizzare nuovamente qualcosa che è già stato concepito in passato e che quindi, per definizione, esiste già? Forse è semplicemente impossibile da evitare. Ed è da qui che si è mosso Weer, marchio svizzero a cui fa capo il direttore creativo Karin Lorez dal 2014, quando ha inaugurato la sua presenza nel sistema con la prima collezione.
Tutto è nato da una t-shirt bianca in cotone. Sì, proprio quella che tutti abbiamo o dovremmo avere nell’armadio. È la compagna di vita perfetta, colei che ti viene in soccorso quando ci si perde, nella confusione di colori, stampe e tessuti. Lorez dà a questo elemento un valore intrinseco che è la base del concetto su cui si fonda Weer: interpretare secondo la sua idea estetica i capi d’abbigliamento classici del guardaroba sia maschile che femminile. Così, il portfolio pensato dalla designer si determina di elementi come pantaloni dal taglio sartoriale, blazer, camice e, ovviamente, la candida maglietta. Si può leggere tra le righe una critica implicita al consumismo di massa di cui tanto si parla oggigiorno. Incoerenza? Forse: si tratta comunque di commercio, di competitors, del dio denaro. E allora dove risiede l’autenticità? Probabilmente nella ricerca dei materiali, rintracciati in Giappone, Francia e Italia, e nella produzione, che non sfrutta le economie di scala, ma avviene in Europa, casa del brand.
Chissà se Weer riuscirà a imporsi in questo mondo della moda, in questo modo di fare abbigliamento. Il consumismo non può essere sconfitto. È presente da quando esiste la vulnerabilità umana che trova un conforto temporaneo nella materialità. Quello che si sta perdendo è la consapevolezza di ciò che vale la pena comprare, investire su qualcosa, un abito, che è realizzato da mani informate su ciò che fanno, che non guardano i trend, ma si focalizzano su se stesse, su ciò che vogliono. , forse, imparando a capire cosa (e chi) vale la pena acquistare, e cosa (o chi), invece, no.
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